Ormai avevo molta più fiducia nel popolo carcerario, e molto più rispetto in confronto a tante
persone che vivevano libere nel mondo esterno: soci traditori, magistrati corrotti, magistrati
estorsori, massoni, vili e vigliacchi di ogni specie, che avrebbero meritato la galera molto più dei
poveri detenuti, la maggior parte costretti al carcere per necessità, e divenuti ormai miei cari amici.
Il detenuto depresso e l’importanza di capirsi
Una volta durante l’ora d’aria che si svolgeva all’aperto in gabbie ben curate esternamente - ove
però erano accantonati e nascosti, nella parte retrostante sotto docce ormai in disuso, residui di feci
putride e spazzatura ammassata da chissà quanti anni - un carcerato di un'altra sezione, non la mia,
ebbe un problema serio di depressione, e lo vidi davvero affranto e terribilmente desolato.
Mi avvicinai per cercare di aiutarlo ma lui inizialmente mi rifiutò e mi disse di allontanarmi.
Io feci come lui mi impose ma continuai ad osservarlo, avendo grande compassione per lui.
Dopo tanta attesa inerme da parte mia, sollevò lo sguardo e mi vide ancora lì ad osservarlo
impietosito, per cui prese coraggio e mi disse:” scusa o’ zi’, stavo male, che cosa volevi”.
Io risposi rinfrancato: “scusami tu, non ti volevo disturbare, volevo solo parlare un po’ con te
perché mi sentivo solo e avevo capito che anche tu stavi come me. Volevo solo che tu mi aiutassi e
parlassi un po’ con me perché mi sentivo giù. Sai, sono nuovo e non sono mai stato in carcere
prima”.
Appena il detenuto ascoltò la mia sorprendente richiesta di aiuto, che inoltrai soltanto per
conquistare la sua collaborazione al dialogo, si riprese e si attivò immediatamente, aprì bene gli
occhi, assunse un portamento dignitoso, drizzò la schiena, come ad una chiamata alle armi!
Inizialmente rimasi scioccato dalla metamorfosi, quasi impaurito.
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