Il mio comportamento e quello della mia equipe invece fu molto attento e disponibile, e restammo
diverse ore per combattere contro quella morte ormai annunciata.
Potevamo soltanto praticargli farmaci per la terapia del dolore e per controllare la crisi respiratoria
per quanto possibile, ma il nostro impegno si rivelò molto importante per il paziente e per i
familiari.
Dopo ogni ciclo terapeutico riuscivamo ad ottenere risultati positivi che sapevamo però essere
soltanto transitori e lo spiegavamo chiaramente ai numerosi familiari presenti. Subito dopo
andavamo via per liberare l’ambulanza e renderla disponibile per altri interenti, ma dopo alcune ore
i parenti ci richiamavano per intervenire di nuovo.
Questi interventi a diverse ondate proseguirono per 2-3 giorni, e nell’ultimo che effettuammo la
figlia adulta del paziente moribondo mi abbracciò e mi disse: “quanta umanità dottore, quanta
umanità avete! Grazie di cuore, grazie”!
Io rimasi commosso ed anche un pò stupito per la situazione paradossale: in effetti eravamo
abbracciati, e lei che aveva posato il suo volto sul mio torace stringendomi intensamente, davanti al
letto del padre moribondo, come se fossimo amici da anni o addirittura fidanzati, e si realizzò una
circostanza di una dolcezza davvero estrema!
Tutti gli altri presenti pensarono la stessa cosa: i miei infermieri ed anche gli altri parenti del
paziente furono sorpresi, come me, da tanto coinvolgimento emotivo ed affettivo!
Fu un magic moment davvero solenne - celebrato con tanta enfasi proprio perché ci trovavamo ai
piedi del letto del padre moribondo - nel quale regnò una dolcezza infinita, di quelle che ti ripagano
di un’intera esistenza difficile, di tante mortificazioni subite nei decenni precedenti!
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