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“LE PAROLE VALGONO”: DUE LINGUISTI SULLE TRACCE DI POLITICI E INTELLETTUALI DEL ’900 CHE HANNO SAPUTO ESORTARE ALLA COESIONE
Fratelli d’Italia, l’oratoria s’è desta
Da Giolitti a Conte, i nostri leader nell’ora più buia
MIRELLA SERRI
«H
o scel-
to di
rende-
re tut-
ti voi
parte-
cipi della sfida che siamo chia-
mati ad affrontare... È la crisi
più difficile che il Paese sta vi-
vendo dal secondo dopoguer-
ra»: così, sabato sera, il presi-
dente del Consiglio Giuseppe
Conte ha esortato gli italiani a
condividere le ultime misure
per affrontare l’emergenza sa-
nitaria. Con il medesimo obiet-
tivo, il premier aveva di recen-
te ripescato le parole pronun-
ciate nel 1940 da Winston
Churchill alla Camera dei Co-
muni, davanti al pericolo di in-
vasione del Regno Unito da
parte della Germania nazista
(«Questa è l’ora più buia... ma
ce la faremo!»). Ancora e sem-
pre Conte, per incoraggiare
«ognuno a fare la propria par-
te», aveva ricordato che siamo
una «comunità di individui», ri-
prendendo il sociologo tede-
sco Norbert Elias. Discorsi e af-
fermazioni enunciati tutti con
eloquio cauto e forbito, stilisti-
camente inoppugnabile. Sulla
scia di una tradizione oratoria
nazionale a cui intellettuali e
politici hanno dato fiato nel
’900 nei periodi di grave emer-
genza, riuscendo a far tagliare
ai connazionali - che Giacomo
Leopardi definiva «cinici» per
il loro individualismo sfrenato
- importanti traguardi d’impe-
gno comune e di altruismo.
«Resistere! Resistere!»
L’invito più ricco di pathos a
non demoralizzarsi ma a reagi-
re tutti insieme è quello scandi-
to con voce commossa il 22 di-
cembre 1917 davanti alle Ca-
mere dal presidente del Consi-
glio Vittorio Emanuele Orlan-
do, dopo la disfatta di Caporet-
to, quando i militari al fronte e
l’Italia intera sembravano inca-
paci di rialzare la testa: «La vo-
ce dei morti e la volontà dei vi-
vi, il senso dell’onore e la ragio-
ne dell’utilità, concordemen-
te, solennemente ci rivolgono
adunque un ammonimento so-
lo, ci additano una sola via di
salvezza: resistere! resistere!
resistere!». Orlando risollevò
il morale e, al termine della Pri-
ma guerra mondiale, venne ri-
battezzato «il presidente della
Vittoria»: la sua dissertazione
ha attraversato i decenni ed è
stata utilizzata persino nella
prolusione del 2002 del procu-
ratore generale di Milano Fran-
cesco Saverio Borrelli per inco-
raggiare i giudici alla difesa
della loro indipendenza.
Meno nota è invece la con-
cione pronunciata in Parla-
mento da Giovanni Giolitti il 4
febbraio 1901, quando erano
in atto scioperi e rivolte per il
rincaro dei prezzi. Manifesta-
zioni soffocate nel sangue di
decine di morti dalla repressio-
ne governativa. «Il moto ascen-
dente delle classi popolari si ac-
celera ogni giorno di più», così
Giolitti bacchettò i colleghi
più conservatori, «ed è un mo-
to invincibile perché comune a
tutti i Paesi civili e poggiato sul
principio dell’eguaglianza tra
gli uomini. Nessuno si può illu-
dere di poter impedire che le
classi popolari conquistino la
loro parte di influenza econo-
mica e di influenza politica».
Le parole forti e convincenti di
Giolitti, il primo politico libera-
le a comprendere la necessità
dell’ascesa sociale dei lavora-
tori, furono foriere di un patto
di pace e di collaborazione.
La straordinaria allocuzio-
ne tenuta da Alcide De Gasperi
il 10 agosto 1946, alla Confe-
renza di pace di Parigi, fece ri-
vivere nei connazionali l’orgo-
glio di essere italiani. Il presi-
dente del Consiglio con inten-
so eloquio separò le colpe del
fascismo dalla responsabilità
morale del popolo italiano,
dando rilievo alla lotta parti-
giana e reclamando giustizia.
«Prendo la parola in questo
consesso mondiale e sento che
tutto, tranne la vostra persona-
le cortesia, è contro di me. [...]
Ho il dovere innanzi alla co-
scienza del mio Paese e per di-
fendere la vitalità del mio po-
polo di parlare come italiano,
ma sento la responsabilità e il
diritto di parlare anche come
democratico antifascista, co-
me rappresentante della nuo-
va Repubblica che, armoniz-
zando in sé le aspirazioni uma-
nitarie di Giuseppe Mazzini, le
concezioni universalistiche
del cristianesimo e le speranze
internazionalistiche dei lavo-
ratori, è tutta rivolta verso
quella pace duratura e rico-
struttiva che voi cercate».
«Armate il vostro animo»
In questi giorni in cui l’Europa
si trova a fronteggiare divisa il
dilagare della pandemia, sono
più attuali che mai le fustiga-
zioni degli egoismi nazionali
di Luigi Einaudi: ce lo ricorda-
no gli studiosi Valeria Della
Valle e Giuseppe Patota in Le
parole valgono (Treccani, pp.
184, € 15) in cui sottolineano
che l’efficacia politica di un di-
scorso nasce anche dalla com-
petenza stilistica e linguistica
dell’oratore.
Einaudi, deputato all’Assem-
blea Costituente, il 29 luglio
1947 esibì la sua indignazione
attraverso parole straordina-
rie: «Se noi non sapremo farci
portatori di un ideale umano e
moderno nell’Europa d’oggi
smarrita sulla via da percorre-
re, noi siamo perduti e con noi
è perduta l’Europa». Indigna-
to si scagliò contro il rinascen-
te «mito della sovranità assolu-
ta dei popoli» e contro gli Stati
europei «capaci di dar vita alle
barriere doganali [...] in un’Eu-
ropa in cui [...] si osservano
rabbiosi ritorni a pestiferi miti
nazionalistici».
Giovane tra i giovani nono-
stante l’età, l’ex capo partigia-
no Sandro Pertini, divenuto
Presidente della Repubblica
sfidò il terrorismo nel discorso
di fine anno 1978, appellando-
si ai ventenni: «I giovani non
hanno bisogno di sermoni, i
giovani hanno bisogno di
esempi di onestà, di coerenza
e di altruismo. Giovani, ascol-
tatemi vi prego: non armate la
vostra mano. Armate il vostro
animo... fate che sia illumina-
to dalla luce di una grande e
nobile idea».
L’Inno di Mameli
Oggi noi smemorati non la ri-
cordiamo, ma in queste setti-
mane è presente più che mai la
campagna avviata da Carlo
Azeglio Ciampi nel 1999,
quando fu eletto al Quirinale.
Il Presidente scelse di rivaluta-
re la parola «patria», un concet-
to fino a quel momento inviso
a gran parte della popolazione
per via dell’uso e dell’abuso
che ne aveva fatto il fascismo.
Si spese in moltissimi interven-
ti, percorrendo la Penisola per
convincere comuni e province
a sventolare il tricolore in tutte
le occasioni possibili e a canta-
re l’Inno di Mameli «che rap-
presenta al meglio», come spie-
gò sulle pubbliche piazze, «il le-
game tra Risorgimento, Resi-
stenza e Costituzione».
In questi pomeriggi di isola-
mento da coronavirus, quan-
do appendiamo ai balconi le
bandiere e cantiamo a squar-
ciagola «l’Italia s’è desta», ram-
mentiamo dunque anche
Ciampi e gli altri intellettuali e
politici che seppero esortare
all’impegno civile, alla condivi-
sione e alla fratellanza. —
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Alcide De Gasperi, 1881-1954
Carlo Azeglio Ciampi,
1920-2016
AGF
Giuseppe Conte, 55 anni
ANSA
Luigi Einaudi, 1874-1961
ANSA
Giovanni Giolitti , 1842-1928 Sandro Pertini, 1896-1990
ANSA
I recenti appelli del premier hanno precedenti
illustri. L’arte di convincere una nazione
di individualisti a non abbattersi e a reagire uniti
Vittorio Emanuele Orlando,
1860-1952
24 LASTAMPALUNEDÌ23 MARZO 2020
TMCULTURA