Coelum Astronomia - #226 - 2018

(WallPaper) #1

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«La meteorologia in questi ultimi anni è entrata
in una fase novella; essa non si occupa solo
della climatologia, ma della fisica generale
dell’atmosfera e delle correnti aeree e del giro
delle burrasche. Lo scrivente si trovava in
America all’epoca delle grandi scoperte di
Maury. Egli vide i suoi metodi, e dalla sua bocca
stessa raccolse le sue idee, e fu sua cura
informarne al ritorno i suoi compatrioti ... Circa
il medesimo tempo il Maury si recava in Europa,
e a Bruxelles faceva una conferenza ove
discutevasi un progetto di studi generali sui
movimenti dell’atmosfera. Gli Stati non
concorrevano ancora ufficialmente, ma
progettavasi fin d’allora la coalizione
telegrafica per lo studio delle burrasche.
All’osservatorio del Collegio Romano si prese
parte attiva a questo studio, e nel 1856 si
otteneva dal Governo Pontificio l’istituzione di
una comunicazione telegrafica quotidiana tra le
principali città della Stato, Roma, Ancona,
Bologna, Ferrara, che continuò parecchi anni.
Intanto il Leverrier veniva organizzando tra varii
Stati la corrispondenza meteorologica
telegrafica internazionale, e noi non fummo
lenti ad aderirvi, e si cominciò fin dal 1857 a
lavorarvi intorno. Ogni mattina si spediva a
Parigi il telegramma delle osservazioni fatte alle
7 antimeridiane colle altre informazioni
richieste, e si continua anche oggidì a spedirlo
non solo a Parigi, ma a Firenze e Pietroburgo...
Le osservazioni raccolte dal Leverrier venivano
poscia litografate e rinviate così raccolte agli
osservatori. Fu su questi bullettini che
all’osservatorio si studiarono da principio le
leggi delle burrasche. Avendo noi fatto costruire
delle carte mute d’Europa, su di esse si fecero
tracciare dal giovane signor Serra-Carpi le curve
isobariche ed isotermiche, si riuscì a riconoscere
la direzione ben definita che hanno in generale
le burrasche ben circoscritte di natura ciclonica,
da N-W verso S-E e si riconobbero queste linee di
corso così marcate, che quando un «pozzo»,
ossia una notabile depressione si presentava

nella Scozia, essa generalmente veniva difilata
sull’Italia impiegando due o tre giorni ad
arrivarvi: ma se essa erasi presentata più alta o
più bassa, Roma non sentiva che gli effetti
indiretti dei suoi contorni. Questi risultati forse
contribuirono a fare che simili carte venissero
poscia fatte costruire sistematicamente e
pubblicate a Parigi dal Leverrier, che con quei
mezzi che possiede una ricca nazione poté
diffonderle, donde nacque la teoria dei preavvisi
delle burrasche come ora si usa».

La chiarezza espositiva di Secchi è straordinaria e
fornisce anche a un lettore moderno un quadro
accurato di come egli promosse in modo originale
una nuova branca della meteorologia
previsionale. E fu tanto efficace, da indurre un
personaggio notoriamente scorbutico e poco
incline ad adottare metodi ed idee di altri, come
appunto il saccente Leverrier, a riproporre, su
scala europea, le sue carte meteorologiche.

Fu ancora lo studio delle correlazioni tra fenomeni
vari che indusse il Padre Secchi a inventare il suo
“Meteorografo”. Si trattava di un apparecchio
destinato a registrare tutti i fenomeni
meteorologici per mezzo di curve grafiche
tracciate su delle tavole il cui movimento era
regolato da un orologio.

Aveva due facce principali che servivano a
registrazioni differenti: la prima registrava i dati
del barometro, del termometro (sia secco sia
umido) e dava gli orari delle piogge cadute nei
ultimi due giorni. Sulla faccia opposta erano
registrati la forza e la direzione del vento così
come i dati del termografi metallico, mentre i dati
del barometro e della pioggia degli ultimi dieci
giorni vi erano ripetuti. In questo modo i riassunti
finali di tutti i fenomeni atmosferici potevano
essere raccolti in archivi.

di ben due giroscopi).
Tra le altre migliorie di Hayabusa2 va ricordata
l’aggiunta di una seconda antenna per le
comunicazioni con la Terra, operante nella banda
Ka, cioè nelle frequenze tra 27 e 40 GHz, e
l’implementazione di motori ionici più moderni e
performanti, in grado di imprimere una spinta
maggiore del 20% rispetto a quelli installati sulla
prima Hayabusa.
Il corpo del velivolo è costituito da una struttura in
lega di alluminio che misura 1,6 × 1,0 × 1,2 metri.
Con i due pannelli solari estesi, Hayabusa2 misura
complessivamente 6 metri. La massa a secco è di
490 kg, alla quale vanno aggiunti quasi 100 kg di
propellenti.
La generazione di energia elettrica è garantita da
due array di pannelli solari con una superficie
totale di 12 m², per una potenza di 2.600 W di
energia elettrica alla distanza di 1 unità
astronomica dal Sole, che scende però a 1.400 W
alla distanza corrispondente all’afelio di Ryugu.
L’energia prodotta dai pannelli solari è
immagazzinata in una batteria agli ioni di litio da
13,2 Ah.


L’assetto di volo è mantenuto da due sensori
stellari (star tracker), due unità di misura inerziale
(IMU), quattro accelerometri e quattro sensori
solari “coarse” (cioè, in inglese, grossolani) che,
posizionati su quattro diversi lati del velivolo,
hanno lo scopo di determinare la posizione del
Sole con un grado di precisione sufficiente a
puntare i pannelli solari nella giusta direzione. I
giroscopi infine svolgono una funzione essenziale
nell’attuare le correzioni di assetto spaziale che si
rendono di volta in volta necessarie.
Per quanto riguarda la propulsione, la sonda è
dotata di 12 razzi a propulsione chimica per le
manovre occasionali, mentre il grosso della spinta
nel viaggio di andata e ritorno tra la Terra e
l’asteroide è affidato invece alla propulsione
elettrica. Quattro motori ionici, progettati per
garantire oltre 18.000 ore di esercizio, sono
installati su un medesimo pannello sul corpo
principale della sonda. Tre lavorano
contemporaneamente combinando la loro spinta,
mentre il quarto subentra in caso di fallimento di
uno degli altri tre motori.
La sonda dispone anche di un’unità LIDAR (Light

Sopra. Alcuni degli innumerevoli dispositivi che fanno parte della dotazione di Hayabusa2.
Crediti: JAXA / Michele Diodati

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